CHIARI AVVERTIMENTI lunedì 15 settembre 2014 | | A pochi giorni dall'alluvione nel Gargano, che si è lasciata alle spalle due morti e danni per decine di milioni, suona ancora più urgente il monito dell'Onu sul disastro climatico imminente. “Sappiamo con certezza che il clima è in procinto di cambiare e che i fenomeni meteorologici stanno diventando sempre più estremi a causa delle attività umane'', ha detto Michel Jarraud, segretario generale dell'Omm, l'agenzia meteorologa mondiale delle Nazioni Unite. Purtroppo in Italia le prove di questo cambiamento sono sempre più evidenti.
E' la frequenza degli episodi “straordinari” ad allarmare. Rinfreschiamoci la memoria: ad agosto la piena improvvisa del torrente Lierzache uccide quattro persone nel trevigiano, a luglio un affluente del fiume Serchio allaga la Valfreddana tra Camaiore e Lucca (con danni a case e infrastrutture), ancora a luglio straripa il fiume Seveso a Milano, allagando vaste zone dei quartieri Niguarda e Isola, a maggio è il turno della provincia di Ancona, dove gli straripamenti del fiume Triponzio e del Misa, lasciano nel fango interi paesi e uccidono 3 persone. A gennaio invece erano esondati il fiume Era a Pisa ed il fiume Secchia a Modena (si scoprirà poi che l'argine ha ceduto a causa delle tane delle nutrie). L'evento più catastrofico si registra in Sardegna due mesi prima: 18 morti per le esondazioni di fiumi, torrenti e canali nelle province di Olbia e Nuoro; la causa più evidente è l'abusivismo edilizio, che ha coperto di cemento in maniera dissennata l'originale alveo dei fiumi. Altri episodi rimasti nella memoria sono le alluvioni che hanno colpito la Liguria nel 2011 (altri 18 morti) e quella di Messina del 2009 (36 dispersi), anche qui l'abusivismo edilizio ha giocato un ruolo chiave.
Gestire l'emergenza è ormai divenuta una consuetudine in Italia. Ogni volta il copione è sempre lo stesso: i riflettori si accendono sui luoghi colpiti, arriva la protezione civile, fanno sopralluoghi ministri, governatori e assessori e infine si concede lo Stato di calamità, che permette di accedere a fondi straordinari. I danni vengono coperti solo in minima parte e la zona in questione torna nell'oblio generale. Il tutto per qualche giorno è condito dalle immancabili polemiche per l'assenza di una vera pianificazione idrogeologica del nostro paese (che, fatto incontrovertibile, oggi produce effetti collaterali devastanti, ingigantendo la portata delle precipitazioni), e dalle accuse reciproche dei politici per l'urbanizzazione selvaggia, in molti casi abusiva, tollerata per tutti questi anni. Si fa un po' di cagnara, come tradizione vuole, perché nulla cambi davvero. Per far sì che l'approccio a questi problemi cominci a essere diverso, occorre responsabilizzare chi dalla politica passa a gestire i soldi pubblici. Dobbiamo dire basta alle speculazioni e al malaffare. E chiedere conto a chi ci governa, in ogni singolo comune, di ciò che è stato fatto per mettere in sicurezza i nostri territori. Ma non basta se non si fanno prima riforme di sistema. Servono pene certe e più severe per chi delinque, procedimenti più snelli, controlli serrati e molta programmazione. Un'opinione pubblica più informata e un attivismo ambientalista che sia realmente tale, magari non più asservito alle logiche cerchiobottiste che conosciamo bene, sarebbero certamente propedeutici al cambiamento. Una volta per tutte.
I problemi legati al cambiamento del clima, anche se l'argomento interessa poco, sono qualcosa di estremamente serio e di cui occorre occuparsi. Per la verità sono molti anni che sentiamo appelli e ultimatum simili a quello dell'Onu di pochi giorni fa. Ma stavolta sembra sia in ballo una sorta di irreversibilità ormai vicina, che deve metterci in guardia. Gli oceani, viene detto dai massimi esperti sul clima, non sono più in grado di assimilare la quantità di anidride carbonica prodotta dalle attività umane, sono diventati più acidi. E sulla terra ci sono sempre meno foreste, dobbiamo quindi fare a meno di parte del loro prezioso ossigeno, a fronte di un continuo aumento di Co2. Nel 2013 si è registrato il maggior incremento in un anno di Co2 dal 1984. Secondo i valori riportati dal bollettino dell'organizzazione meteorologica mondiale la concentrazione di Co2 in atmosfera ha raggiunto i 396 ppm, che corrispondono al 142% rispetto al livello preindustriale, mentre metano e ossido di azoto sono rispettivamente il 253 e il 121% rispetto ai livelli prima del 1750. Per effetto dei gas serra la capacità della Terra di trattenere la radiazione solare invece di disperderla nello spazio è aumentata del 34% rispetto al 1990.
Eppure, ancora, nulla si muove. Ci sono altre questioni più rilevanti: la guerra, la politica economica, l'occupazione. Della serie: vorremmo tanto fare qualcosa, ma non è il momento. Non possiamo certo reagire in periodo di crisi, bisogna dare una spinta all'occupazione. Tolleriamo le produzioni a basso costo ma ad alto impatto ambientale, la deforestazione per far posto a nuovi allevamenti intensivi. Andiamo avanti a produrre più di ciò che siamo in grado di consumare e più di quanto le risorse a nostra disposizione lo consentano. Come se non facessimo anche noi parte di questo delicato equilibrio ormai in bilico. Negli USA si consumano 120 kg di carne pro capite l'anno, da noi 90: è proprio l'allevamento intensivo una delle prime cause di aumento di Co2. Ma anche un consumo più consapevole di energia avrebbe il suo effetto benefico. Diceva alla radio giorni fa il meteorologo Maracchi che basterebbe ridurre i condizionatori di casa a 18 gradi in inverno e utilizzare più intelligentemente i condizionatori d'aria d'estate, per ridurre considerevolmente il danno.
Una cosa è certa: bombe d'acqua, trombe d'aria, cicloni e tempeste stanno entrando con irruenza nella vita di tutti noi. Il che vuol dire che il pianeta ci sta dando dei segnali più che chiari: se non cambieremo rotta, se non torneremo a modelli di sviluppo più ragionevoli, presto tutto cambierà da sé.
Cinzia Funcis
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