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14/04/2015 17.07 

Fra cinofili e cacciatori si sono consumati molti fiumi d’inchiostro su questo argomento. Non credo che abbiano messo d’accordo tutti e quindi ci torno volentieri sopra per esprimere la mia opinione. Purtroppo, molto spesso, ho visto cani e padroni non andare troppo d’accordo sia durante le fasi di caccia sia nell’ordinario svolgersi della vita in comune. Un cane poco o male addestrato si riconosce subito. Orecchie e occhi li abbiamo tutti, vediamo e sentiamo ciò che accade. Il cane va da una parte mentre il conduttore va dall’altra, quest’ultimo comincia la litania dei fischi e dei richiami. Prima con parole dolci e convincenti, poi alzando il tono di voce e fischiando come una vaporiera e, infine, ormai adirato mandando anche qualche imprecazione.

Da lontano ma soprattutto senza avere potuto seguire l’evoluzione dell’addestramento (se c’è stato ma ne dubito) non si possono dare giudizi definitivi ma fare solo congetture. Sarà che il cane un soggetto caparbio e indisciplinato? Sarà che è un po’ duro d’orecchie. Ma se andasse dove lo porta il cuore e il cervello perché è un gran cane che intende andare a trovare la selvaggina dove il suo conduttore non lo condurrà mai? Difficile dirlo; però sentire nel bosco o nei campi quelle sceneggiate non fa sicuramente piacere. L’ambiente viene disturbato per se e per gli altri perché la caccia richiede silenzio e concentrazione, mimetizzazione nell’ambiente e sensi tutti pronti ad intervenire per procurarsi il buon esito della giornata venatoria.

Credo che non ci sia spettacolo più brutto quanto vedere il film di cui ho parlato sopra. Il cane, prima o poi, sarà ripreso e magari anche malamente apostrofato o peggio bastonato e il padrone sarà incavolato e innervosito e non avrà tratto piacere dalla sua uscita. Cosa determina tutto questo? Un cattivo addestramento o un modo di cacciare del singolo soggetto?

Una determinata razza di cane che non si confà ai gusti e alle aspettative del suo proprietario? Il primo importante quesito è questo. Ho notato, infatti, che molte persone si accompagnano con cani inglesi, setters e pointers, pretendendo da essi cose che non sono nelle loro corde. I cani inglesi, si ribadisce con forza, sono stati allevati, selezionati e specializzati per fare cerca ampia, veloce, continua e profonda, ardimentosa, sagace, larga e avventurosa. Insomma devono andare a trovare la selvaggina dov’è e non dove la vogliamo noi. Il conduttore si deve dunque adeguare mentalmente e fisicamente al suo passo altrimenti deve cambiare razza di cane e passare ad un soggetto continentale.

Perché dico che deve adeguarsi? Perché deve  entrare nell’ordine delle idee che il suo cane non è uno scemo che corre di qui e di là solo per scaldare i muscoli ma ci va perché è motivato, intenzionato e determinato a trovare un capo di selvaggina. Gli inglesi non conoscono confini alle loro ardimentose scorribande, non si fermano davanti agli ostacoli del terreno e non tentennano o hanno bisogno di sollecitazioni. Vanno dove li porta il cervello.

Ripeto, se non vi piace tutto ciò cambiate il cane perché passereste delle brutte giornate a inseguirlo e redarguirlo e lui ne sarebbe mortificato e snaturato. Se vi piace il vostro setter o pointer solo perché bello,  statuario, ha un bel mantello o è affettuoso poco importa. Non è il cane che fa per voi. Ho esagerato? La mia passione per tali cani alle volte mi fa andare fuori giri ma spieghiamo perché ho detto quanto sopra. Intanto io parto dall’idea che il soggetto sia un buon cane, ben addestrato, che abbia conoscenza del selvatico che sta cacciando e che abbia un buon rapporto con chi lo conduce; insomma che sia bene in mano.

Ecco il punto: deve avere un buon rapporto con chi lo conduce. In cosa possiamo tradurre quest’affermazione? Nel fatto che entrambi abbiano fiducia reciproca. Il cane deve sapere che il conduttore lo ha invitato a cercare e che, al rientro, lo troverà dove lo ha lasciato o almeno nei pressi. Nel frattempo avrà esplorato tutto il terreno “utile”. Voi lo seguirete con lo sguardo e anche con l’udito se lui lavorerà al coperto, tramite un sonaglio attaccato al suo collo. Non dovrà debordare dal percorso e dal raggio d’azione che lo tiene avvinto al suo conduttore.

La sua intelligenza gli suggerirà di fermarsi ogni tanto e “sentire” un fischio, un breve cenno vocale d’incoraggiamento, un colpo di tosse. Insomma una manifestazione anche piccola della “presenza” del suo compagno. Ove così non fosse deve rientrare e cercarlo con gli occhi ma se occorre anche col naso. Questo fanno i cani veramente in “mano”, ben addestrati e che cacciano per voi e con voi, cioè per il fucile. Caso contrario o è un somaro o ha ricevuto un pessimo imput. Datelo a chi lo saprà rimettere sulle rotaie, se ci riuscirà, altrimenti sarà un soggetto inutile. Come avrete capito io credo nel rapporto di reciprocità. Il cane deve sentire la vostra presenza anche se lontano e voi dovete lasciarlo fare se sapete che lui farà tutto a “modino”.

Se andrà a prendere un capo di selvaggina laggiù, lo bloccherà, vi aspetterà,  l’accosterà o guiderà per voi mettendovi in condizione di sparare preparategli una bella pappa e tenetelo molto da conto vantandovene con gli amici, caso contrario, come ripeto è un somaro. Voi però addestratelo preventivamente, dategli fiducia, non lo asfissiate con fischi e parole che vi sembreranno utili ma sono solo un fastidio. Con ciò non voglio dire che non potete richiamarlo per fare un certo boschetto, una vallata che via appare buona o che conoscete come buon ricovero di selvaggina, meglio ancora se dovete andare a cercare un selvatico di rimessa che avete casualmente alzato coi piedi o visto volare e riporsi. Verrà volentieri perché si sarà abituato e capirà che non lo richiamate per nulla ma per concludere un’azione di cerca e di caccia.

Quando avrete un cane così non spaventatevi di quanto andrà lontano. Seguitelo senza “incalzarlo”, fate sentire che gli siete vicino e prossimo, confortatelo della vostra presenza e fiducia e lui si concentrerà solo alla ricerca della selvaggina. Quello che volete voi e che vuole immensamente anche lui. Andai a caccia con un amico per due o tre anni. Aveva un gran setter. Lo scioglieva e lui andava via a cercare fagiani e starne, lepri e pernici rosse senza mai sbagliare un’azione. Il mio amico lo rincorreva col fucile in mano come se dovesse fare una carica di lancieri, facevano alle corse sul terreno. Occasionalmente il cane si nascondeva alla vista causa la vegetazione oppure allungava molto perché “sapeva”, essendoci stato abituato, che il padrone gli stava sempre addosso. Qualche volta però si perdevano di vista per ore e l’esito dell’incontro fra i due era una saga degli orrori. Il cane veniva preso per gli orecchi e alzato in aria, rimproverato con urla e parolacce; i guaiti erano da strappare il cuore. Ci ho litigato molte volte assicurandogli che il cane non aveva colpe. Era lui che doveva cambiare atteggiamento. Nulla da fare.

A quel punto misi in atto una strategia. Cominciai ad arruffianarmi il cane con carezze, qualche biscotto, parole dolci e soprattutto abbattimenti della selvaggina che levava. Il cane finì per cacciare con me quasi tutta la mattinata. Dopo qualche ora mi si avvicinava prendeva due carezze e con gli occhi si scusava di dovere andare via raggiungendo il padrone. Da lontano io lo avvisavo che il cane aveva cacciato con me e lui taceva perché era un egoista ma non era uno scemo e lasciava correre. Quel vecchio cane sia di lezione per tutti. Un vero grande soggetto caccia per chi sa che lo capisce e sa trarre frutto dal suo lavoro. Racconterò un altro episodio per illustrare meglio quanto sopra ho asserito. Dovendomi trasferire per ragioni di lavoro, non potevo tenere i due formidabili cani da beccacce che avevo.

Un setter di quattro anni Gyp e una pointer di due anni Susy. Erano entrambi stupendi e vederli cacciare assieme era una gioia per gli occhi. Eravamo tre muti e tre cacciatori all’unisono. Cerca, ferma,consenso e riporto alla grande. Dovendo privarmi di uno scelsi di lasciare la femmina che mi avrebbe creato imbarazzi nell’appartamentino dove dovevo andare a vivere. Chi la comprò era un grande cinofilo che purtroppo aveva avuto un incidente stradale. Era rimasto invalido da una gamba. Doveva camminare appoggiato al suo bastone. Aveva provato a prendere un maestoso spinone bianco marrone. Se ne disfece subito perché non poteva portarlo lui in tutte le rimesse a causa della sua cerca ristretta e meticolosa. Prese la mia Susy che lo fece felice. Lui scendeva dalla macchina sul cocuzzolo di una collinetta, lasciava la cagna e la seguiva dall’altro senza alcun intervento di sorta. Al momento della ferma, percepita a vista o da segnalazione del campano, si avviava con fucile scarico a spalla e il bastone in mano, verso la formidabile pointer. Raggiunta,con tutti i suoi comodi, una posizione giusta dava il via alla cagna che alzava la beccaccia e lui la serviva da par suo. Mi disse che, quell’anno, fecero una scommessa da bar a chi prendeva più beccacce in un determinato periodo della stagione e la vinse lui per merito di quella straordinaria cagna che gli avevo dato.

Un anno scesi in Calabria per la caccia viaggiando di notte. Verso le sette ero nei pressi del mio paese. Vidi una Cinquecento familiare dalla quale un signore attempato faceva scendere una pointer. Li riconobbi e mi fermai. Ci furono abbracci e ringraziamenti, mi raccontò della cagna e delle straordinarie cacciate che facevano assieme e da “soli”. Alla fine mi allungò tre beccacce abbattute da poco. Alla mia ritrosia ad accettarle: “ Tanto domani le prenderò anch’io”. Lui mi rispose: “Queste te le regala lei, la Susy.”. Cosa dovevo fare? Accettai da quel grande signore e cacciatore che aveva saputo apprezzare il soggetto allevato e addestrato da me. Col mio metodo, senza alcuna costrizione ma solo con il convincimento e la collaborazione. Mi accorgo di avere parlato di inglesi solo ora e mi sono fatto trascinare ma ho avuto anche dei continentali e di quelli parlerò in un prossimo intervento.


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1 commenti finora...

Re: Il collegamento - gli inglesi

Un setter e una pointer?Strano non cacciare con un inglese e un "creton"(uno per scovare e l'altro per riportare);e perche' non suggerire di "incalzare" continuamente l'ausiliare con "...dai,trovalo bellooo" o "daiii,cerca bellooo,daiii,cercaaa,trovaloooo".Eh,eh....posso modestamente rimarcare queste mancanze?:-).Una volta ho anche sentito,rivolto al cane troppo "intraprendente",:"...poi a casa facciamo i conti...";e il peggio e' che a casa lo puniva sul serio,il povero animaletto!

da pietro 2  15/04/2015 15.39
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