Su tutto l’Arco Alpino, dai confini con la Francia a quelli con la Slovenia, è possibile cacciare il capriolo, il muflone, il cervo, il cinghiale e in alcuni fortunatissimi comprensori anche la marmotta e lo stambecco quindi, con la sola esclusione del piccolo roditore e del cervo nobile, che può superare abbondantemente i duecentocinquanta chili di peso, una singola arma accessoriata con un buon cannocchiale e camerata in un calibro medio può andar quasi bene per tutti, ovviamente con la scelta giusta della palla. Ma non dobbiamo mai dimenticare che la resistenza ai colpi di carabina può variare molto da selvatico a selvatico e dal suo stato emotivo quando viene colpito.
Altri importanti fattori sono la distanza di tiro e le caratteristiche fisiche strutturali. Ad esempio, se riusciamo a portarci a tiro di un bel camoscio senza disturbarlo eccessivamente, magari mentre pascola o riposa o rumina tranquillo a ridosso d’una roccia, una piccola palla da 55 grani sparata da un 223 Remington, da un 22-250 o da un 5,6 x 50 R Magnum, sarà più che sufficiente per abbatterlo pulitamente sul posto. Ma se il capo è allarmato, in fuga o in amore, allora il discorso cambia, potrebbe accadere di vederlo allontanarsi ferito anche se ben colpito con un calibro ben più potente.
La caccia in montagna è sinonimo di tiri lunghi, anzi lunghissimi, ma in base alle mie modeste esperienze personali ed anche agli insegnamenti che ho ricevuto nel corso degli anni da cacciatori molti più esperti di me, sono sempre più convinto che la massima distanza alla quale è conveniente sparare ad un selvatico sono i canonici duecentocinquanta - trecento metri. Tiri più lunghi li ammetto soltanto se si cerca di finire un animale ferito oppure, in casi eccezionali, per tentare un colpo proprio “al capo specifico”, che mancava per completare il piano d’abbattimento.
Oggigiorno invece esistono delle combinazioni arma – ottica – munizione in grado di centrare tranquillamente un camoscio oltre cinquecento - seicento metri di distanza. Alle comunissime bolt action e ai maneggevoli kipplauf di una volta si sono aggiunte delle carabine che sembrano uscite dai film di fantascienza, con sopra delle ottiche a fortissimi ingrandimenti dotati di multireticoli, torrette balistiche, attacchi con compensatori di caduta e che sono camerate in calibri tesissimi che, “diciamocelo”, stonano un pochino impugnate nelle nostre splendide montagne.
Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere grandi cacciatori di camosci, ma anche tanti semplici appassionati di caccia in montagna, che sono stati tutti concordi nel ritenere poco sportivo azzardare dei tiri a distanze elevatissime, quindi non vedo giustificato l’uso di armi simili. Condivido fermamente chi sostiene che un camoscio è a tiro finché riusciamo a “vedergli bene l’occhio”, altrimenti è nostro dovere cercare di avvicinarci, oppure sarebbe meglio rinunciare a sparare in attesa di un’occasione migliore. Anni fa per la caccia in montagna si utilizzavano dei calibri molto radenti, per evitare che le palle finissero immancabilmente tra le zampe dei selvatici perché la stima della distanza era sempre approssimativa. Con l’avvento dei nuovi telemetri laser, oggi non è più un problema misurare con esattezza le distanze e conseguentemente calcolare con estrema precisione la caduta dei nostri proiettili alle varie distanze. Questo enorme aiuto tecnologico ci permette ora di poter utilizzare anche dei calibri meno tesi, basta affidarci alla precisione della nostra arma, all’affidabilità delle tabelle balistiche delle munizioni scelte e, conseguentemente, fare le dovute regolazioni.
Calibri vecchi, ma ancora prestanti e supercollaudati, come il 30.06, il 308 Winchester, il 7 x 57, il 7 x 64, il 6,5 x 55, il 6,5 x 57 e tanti altri che non spiccano certo per linearità di traiettoria, oggi sono ancora ammessi per azzardare dei tiri a lunga distanza, a patto di compensare perfettamente la caduta delle loro palle in funzione della distanza che ci separa dal bersaglio. Cercherò di farmi capire meglio. Se per la caccia in montagna utilizzassimo dei calibri come il 6 x 62 Freres, il 6,5 x 68, il 6,5 – 284 Norma, il 264 WM, il 240 WM, il 257 WM, il 270 WSM, il 270 WM etc che tarati a duecento metri con una palla di medio peso hanno un calo a trecento metri di soli 12 - 15 cm, non ci dovremmo preoccupare più di tanto se il selvatico si trovasse tra i 200 e i 300 e rotti metri, perché è sufficiente mantenere il reticolo nella metà alta e anteriore del corpo dell’animale per essere certi di colpire il bersaglio. Se invece utilizzassimo un calibro poco radente, sarebbe obbligatorio conoscere esattamente la distanza tra noi e il selvatico per poter effettuare le giuste regolazioni sull’alzo.
Torneremo sulla scelta dei calibri più tardi, adesso vorrei dedicarmi all’arma che ritengo più idonea alla caccia in montagna, dove spessissimo si deve camminare a lungo e in zone impervie, su terreni in forte pendenza e sdrucciolevoli, dove a volte è necessario aiutarsi anche con le mani o con l’alpenstock, quindi occorrono armi leggere, compatte e ben bilanciate. Poi devono essere precisissime, essere dotate di un’incassatura perfetta che non si alteri con gli immancabili sbalzi termici e/o climatici e che si presti molto bene ai tiri con appoggio, inoltre dovrebbe possedere uno scatto eccellente, quasi da competizione, che non ci tradisca nell’attimo cruciale. Le carabine Bolt Action sono sempre state la scelta migliore, la più funzionale ed anche più economica, ma non possiamo escludere anche i basculanti come i kipplauf. Sulle carabine ad otturatore non c’è più molto da dire, perché sono tutte perfette sotto ogni punto di vista; quel che importa, come già accennato, è la loro precisione, la loro robustezza e il loro peso, che non dovrebbe superare, complete d’ottica, attacchi, cinghia e munizioni ed anche di bipiede, per chi lo usa i 4 – 4,2 chilogrammi. Il Kipplauf è un’arma superba, splendida, leggera, elegante, maneggevole, precisa, meccanicamente perfetta e molto altro ancora, ma per spararci con successo è necessario avere una certa pratica e un appoggio impeccabile. Ho constatato di persona che non è facile tirare con un’arma leggerissima e soprattutto se dotata di un’astina poggiamano molto esile, perché fai veramente fatica a tenerla ferma. Proprio per questo motivo, si vedono in giro molti Kipplauf dotati addirittura di bipiede tattico. Un altro accessorio indispensabile ed estremamente importante per la caccia in montagna è l’ottica da mira. Un buon cannocchiale deve essere robusto, impermeabile, dotato di meccanica precisa, di lenti nitide e luminose, essente da errori di parallasse, leggero, compatto e che abbia un minimo di 8 ingrandimenti, per arrivare ad un massimo di sedici. Può avere gli ingrandimenti fissi oppure variabili e un obiettivo intorno ai 42-50 millimetri è più che sufficiente. Due parole sul reticolo. E’ molto raro che in montagna si azzardino tiri in cattive condizioni di luce quindi, per esprimere il massimo delle prestazioni della nostra ottica, l’ideale sarebbe quella di usare un reticolo piuttosto sottile, non proprio un Crosshiar ma molto simile. Io ho un debole per il TDS4 e il BR, ma anche il vecchio 4A o il classico Plex americano vanno più che bene. Non ho nessuna simpatia per le torrette balistiche perché non mi piace niente che si muove avanti e indietro in uno strumento di precisione, ma chi invece ha un debole per loro…allora gli faccio i miei più sentiti auguri. Tra le ottiche la mia preferenza va a quelle europee ma concepite …. diciamo per il mercato statunitense, quelle che mirano più alla leggerezza che alla luminosità, che hanno i tubi da 1” e il reticolo sul secondo piano dell’ottica che, con qualsiasi ingrandimento utilizzato, manterranno intatte le sue dimensioni. Questi cannocchiali di solito sono facilmente riconoscibili dal tubo più sottile, dal correttore di parallasse e perché hanno la campana dell’obiettivo di modeste dimensioni. Ritornando alla scelta del calibro, se non avessimo a che fare con stambecchi e cervi, con i venti trasversali, con le correnti ascensionali e con la distanza elevata, calibri come il 224 Weatherby, il 22-250 Remington, il 5,6 x 57, il 5,6 x 61 Vhom Hofe Super Express andrebbero più che bene per marmotte, caprioli, camosci ed anche per i mufloni, ma visto che esistono delle munizioni che risentono molto meno dei suddetti problemi, e che hanno una potenza sufficiente senza strafare, l’ideale potrebbe essere una compresa tra i 6,5 e gli 8 millimetri.
Tutti quei calibri che possiedono una discreta radenza vanno molto bene, come la grande famiglia dei i 6,5 mm (x 55, x 57, x 65, x 68, -284), il 264 WM, i 270 (W. WM, WSM),i magnifici 7 mm (x 61 S.H., x 64, x 65, x 66 VHSE, x 75 R, 280 R, R.M., WM, WSM, STW). Poi come non potremmo includere anche il buon vecchio 30.06 e la sua controparte europea, il 30 R Blaser e infine anche i potenti .300 (Holland & Holland, Winchester, Short, Blaser, Weatherby, Ultra, 30-378), per chi ha più cervi che camosci nel piano di abbattimento? La scelta delle palle è sempre soggettiva. Per il capriolo e il camoscio personalmente sceglierei una palla ad espansione veloce e deformazione abbastanza rapida.
Lo sappiamo che danneggia più la spoglia di una normale Soft Point, ma quando io sparo ad un selvatico a lunga distanza preferisco fermarlo sul posto, anche se non l’ho preso molto bene. Non ho voglia d’incorrere nello spiacevole inconveniente di non trovarlo quando finalmente lo raggiungo, a volte dopo ore di cammino.
Molto spesso il lavoro svolto da una buona palla sopperisce anche a qualche piccola nostra imprecisione di mira! Per i selvatici più grandi, più robusti e resistenti, il peso dell’ogiva dovrà ovviamente salire e, proporzionalmente, dovrà anche aumentare la sua robustezza.
Ognuno ha le sue preferenze, le sue manie, io in tantissimi anni di caccia a palla, nell’80% dei casi ho sempre usato soltanto tre tipi di palle: le SIERRA SPBT per prima taratura, allenamento ed anche caccia, le Nosler Ballistic Tip per selvatici fino al quintale di peso e le Nosler Partition per quelli di mole maggiore.
La mia scelta è questa, ma non è detto che sia la migliore, lascio a Voi la libertà di poter utilizzare la munizione commerciale e/o ricaricata che meglio vi convince. Credo, (avendole usate in semiauto non potrei dirlo con certezza), di aver abbattuto pochissimi selvatici con le famose palle monolitiche-atossiche, mentre c’è chi invece giura sulle loro prestazioni e sulla loro micidialità. Non è il caso di farne né un dramma né d’innescare una fervida discussione, perché i gusti son gusti fin dalla notte dei tempi.
Chiacchierando con l’amico Hermann Auer, per me una vera icona della caccia in montagna e maestro di vita e di lavoro, mi ha confidato che da quel che vende, tara, accuratizza e ripara, i calibri più usati e diffusi sono i 270 ad alta intensità come lo Short Magnum e il Weatherby e il 7 mm RM. A lui, teutonico di nascita e di cultura, piace moltissimo il 6,5 x 68, ma anche il 30.06, che ritiene senza mezzi termini ottimo dal capriolo al cervo.
Quello che in molti dimenticano, specialmente al momento dell’acquisto, è “come sarà l’arma pronta in assetto di caccia”, che non è proprio la stesso che impugnare una carabina in armeria. Il peso totale e le dimensioni sono di fondamentale importanza. Armi con le canne troppo lunghe piacciono sempre meno, specialmente quelle dotate di freni di bocca, che se sono molto utili al poligono, forse lo sono molto meno sul terreno di caccia. Ai più curiosi vorrei confidare le mie scelte personali, tutte “purtroppo” di fabbricazione statunitense e in versione Ognitempo.
Le mie armi da montagna sono ormai essenzialmente tre: la Remington 700 SS in acciaio inox e materiale sintetico calibro 270 Winchester con ottica Leupold Silver VariX III 3,5 – 10 x 50, la Weatherby MkV Sempre SS in 257 WM con ottica Swarovski AV 6 – 18 x 50 P e la Weatherby Ultralight 270 WM con ottica Swarovski Z5 5 – 25 x 52 P. Quel che mi fa decidere quale prendere, essenzialmente, è la specie selvatica da cacciare e la natura del territorio. Il 270 lo uso prevalentemente per il capriolo ed “eventuali”, il 257 per la caccia al camoscio, diciamo “non estrema”, mentre il 270 WM in versione Ultralight è destinato a risolvere ogni situazione.
Marco Benecchi