Come tradizione vuole, dopo la chiusura della caccia al cinghiale, ci ritroviamo tutti al recinto dei Caprai nella Tenuta delle Forane, per festeggiare la fine della stagione venatoria con una battuta tra amici. Lo scopo primario dell’evento è quello di ritrovarci, di scambiarci i saluti e di raccontarci com’è andata durante l’anno trascorso, ma ammettiamolo, gustarci una bella canizza e magari tirare una schioppettata anche ad un bel cinghiale non guasta di certo! Così, una bella e assolata mattina di metà febbraio, al rialto dei Caprai che si trova sui monti che incorniciano Capalbio, la Perla della Maremma, incontrai una delle più belle e variegate comitive di cacciatori che mi fosse mai capitato di vedere in quasi quarant’anni di organizzazioni venatorie! Erano tutte persone simpaticissime, educate e molto professionali, in poche parole erano davvero i compagni perfetti con cui trascorrere una piacevole giornata di caccia insieme. All’invito di Cristiano e di Giampiero avevano risposto davvero in tanti, solo di poste eravamo quarantadue e l’età dei partecipanti spaziava dagli appena ventenni agli ultra ottantenni! La colazione che ci avevano preparato i Bernacchi con Gianni, il Capo Canaio, fu all’altezza di un ristorante maremmano. Oltre al caffè, al tè, ai pasticcini dolci e alle crostate preparate dalle mogli dei cacciatori con la marmellata fatta in casa, non potevano certo mancare piatti di affettati tipici locali, le salcicce di cinghiale e non so quanti tipi di vini. Dopo un po’ di sana festicciola e soprattutto per cercare di evitare che qualche bontempone si ubriacasse o si appesantisse troppo, ci sollecitarono a registrare i porto d’armi e a procedere con il sorteggio delle poste, cosa questa sempre positivissima quando si caccia in gruppo, per non favorire né penalizzare nessuno. A me e ad un signore di nome Tonino, che conoscevo solo di vista, ci toccò appostarci nel bel mezzo della macchia, in terra, perché essendoci soltanto quaranta palchetti nella riserva, noi due avremmo dovuto arrangiarci alla meglio. Il mio vicino di posta mi piacque subito, sia per come si muoveva, sia per come si presentava: ordinato, tranquillo e armato di Browning BAR semiautomatica MK3 ultimo tipo.
Dopo aver espletato le formalità burocratiche necessarie, ci avviammo entusiasti per prendere posizione e il nostro gruppo riuscì ancora a meravigliarmi, perché nessuno volle usufruire del servizio “navetta” offerto dalla riserva. Tutti si rifiutarono di raggiungere le poste a loro assegnate a bordo dei fuoristrada, preferendo farlo alla vecchia maniera, anche se molto più dura, di raggiungerle a piedi! Ringraziai il padretterno che ogni tanto riesce a concedermi una compagnia degna di questo nome, tutti allegri, senza che nessuno si fosse lamentato della posta sorteggiata, senza nessuno che avesse tentato di fare il furbo addicendo le scuse più fantasiose per camminare poco. Insomma, era davvero un bel gruppo di amici, desideroso soltanto di godersi una meritata battuta nei boschi dove per anni imperversò e morì il brigante Domenico Tiburzi.
Essendo in molti, Giampiero decise di liberare una grande muta di cani lungo l’intero schieramento, con la speranza che, se avessero fatto il loro dovere, ci saremmo davvero divertiti. Raggiunta la mia posta all’interno del bosco, presi subito a ricontrollare le mie cose. Per primo verificai che il punto rosso montato sulla mia Benelli ARGO Compact E fosse a posto, poi cercai d’individuare degli ipotetici passi per avere una certa idea da dove sarebbero potuti arrivare i cinghiali ed infine camerai una 30.06 ricaricata con palla Nosler Ballistic Tip da 165 in canna. Alla mia sinistra vidi che anche Tonino stava praticamente facendo come me ed era entusiasta della sua postazione. Lo salutai con la mano, mandandogli un muto “In bocca al lupo!”. Mi accertai che avesse indossato un gilet ad alta visibilità e poi per radio comunicai che noi due all’interno della macchia eravamo a posto e ben piazzati, poi finalmente cercai di rilassarmi in fiduciosa attesa. Se c’è una cosa che non sopporto durante una battuta di caccia al cinghiale è lo stare di posta in una zona dove si sente poco o quasi niente, ma quel mattino fu lo scotto da pagare per essere in una zona bellissima, isolata..e davvero molto intima. Dopo neanche una ventina di minuti del suono del corno, la battuta era in pieno svolgimento, tanto che sentimmo anche qualche sporadico sparo. Ad un tratto ebbi la quasi certezza che un flebile rumore che sentivo in lontananza fosse una canizza in progressivo avvicinamento.
Non passarono che pochi minuti e ne ebbi la conferma. Si, erano proprio i cani, e venivano compatti e veloci verso di noi. Controllai che il punto rosso fosse acceso, che la sicura fosse disinserita e stetti all’allerta. I segugi di Cristiano sono famosi in tutta la Maremma non solo per la loro bravura, ma anche per il loro coraggio e per la loro aggressività; spinsero i cinghiali verso le poste come fulmini. Accanto a me Tonino tirò una bella scarica di colpi e subito dopo sentii alcuni cani oltrepassare la sua posta. Pensai che avesse padellato oppure che gli fossero arrivati più animali insieme, ma anche che bisogno c’era di fare quella mitragliata? Poco dopo udii delle sorde imprecazioni che non mi lasciarono nessun dubbio su quale fosse stato l’esito dei colpi. E bravo Tonino! Non ebbi neanche il tempo di capire da dove gli era arrivato il cinghiale, che nella fittissima macchia riconobbi l’inconfondibile rumore provocato da un altro selvatico in movimento. Alzai subito la Benelli all’altezza del petto e mi concentrai sui trottoi che avevo precedentemente individuato, ma dopo pochissimi secondi trascorsi in quella posizione, la semiauto che avevo al mio fianco entrò di nuovo in azione: ta, ta, ta ta, ta! E che cavolo, ma passano tutti da lui? Mah!
Non passò neanche una mezz’ora che nell’intricatissimo bosco di lentisco e corbezzolo mi sembrò di sentire ancora qualcosa muoversi. Purtroppo dalla direzione del rumore capii subito che l’intruso non aveva nessuna intenzione di venire verso la mia posta, anzi ero quasi certo che volesse passare anch’esso dov’era Tonino. Mi venne quasi da ridere…. Il mio vicino di posto doveva aver fatto il militare nei Corpi Speciali perché ogni volta che metteva il dito sul grilletto gli partiva una piccola raffica. Comunque questa volta sentii ruzzolare un cinghiale nel tratto di macchia tra me e lui. Ottimo, almeno uno l’aveva preso di sicuro. Ero soddisfatto di come stesse andando la battuta ma, inutile negarlo, mi sarebbe piaciuto anche allineare il mio mirino su una sagoma irsuta. Vidi che Tonino era di tutt’altro spirito, perché incrociando il mio sguardo volle omaggiarmi con un bel sorriso e il caratteristico pugno chiuso con il pollice alzato. Al suo posto sarei stato contento anch’io.. aveva già tirato tre volte in poco più di un’ora di caccia. Alla faccia di quelli che sono invidiosi quando un compagno di caccia abbatte un bel selvatico! Io invece fui felice per lui, sperando che almeno non avesse fatto feriti. Mi feci coraggio e ripresi la paziente attesa, con gli occhi sempre rivolti verso il bosco.
La battuta procedeva come da manuale, con tante canizze, tanti spari e con la giusta dose di berci e d’imprecazioni. Attraverso l’auricolare m’informarono che erano già stati abbattuti diversi cinghiali, ma la giornata era ancora giovane ed io sperai che ci riservasse qualche altra emozione. Le mute stavano facendo il loro dovere e “purtroppo per loro”, anche i cinghiali sembrava che scorressero bene, senza ingaggiare violente zuffe nell’intricatissimo sottobosco. Aguzzai vista e udito e sentii di nuovo degli inconfondibili, furtivi passi. Ancora una volta non mi feci illusioni, perché lo sapevo dove sarebbe andato a passare quel cinghiale. Infatti, poco dopo….Bum, bum, bum, bum! Della serie: Tonino torna in azione! E che cavolo! Ma che c’ha la calamita quello? Neanche si fosse spalmato addosso l’essenza di una scrofa in calore. Poi iniziò a gridare: “Marco! Marco, l’hai visto? Questo l’ho preso di sicuro, vai”. Andiamo bene, pensai, gli dissi assolutamente di non muoversi che saremmo andati a vedere a fine battuta, ma Tonino non fu molto soddisfatto della mia risposta perché prese a brontolare, imprecando sottovoce mentre impacciato ricaricava la sua affidabilissima BAR. Cosa vuoi farci, questa è la caccia in battuta, a volte ti dice bene a volte male, ma con chi vorresti prendertela? L’amico Gianni dice sempre: “Non arrabbiarti quando ti dice merda, perché tanto non puoi farci niente! Sarà per un’altra volta, ricorda che sono tutti “buoni di fortuna” accumulati, che prima o poi dovrai riscuotere!” Ed il mio pensiero andò proprio a Gianni, che oltre ad essere un bravissimo cacciatore e un insuperabile canaio è anche lo chef della comitiva. Chissà cosa ci avrebbe fatto trovare per pranzo? Un leggero languorino allo stomaco mi fece ricordare che, nonostante le schioppettate, le padelle e le occasioni mancate il tempo passava ugualmente.
Ad un tratto nel bosco udii un pesante galoppo in avvicinamento, incrociai le dita, mi raccomandai a Diana e a Sant’Huberto di farmelo almeno vedere, macché.. Dove poteva andare quel cinghiale? Ma dal carissimo, fortunatissimo Tonino! Che senza pensarci su si esibì nell’ennesima verifica della velocità di ripetizione della mitica Browning BAR! E cinque! A quel punto non ce la feci più e gli dissi di fermarsi perché eravamo in un recinto e non era giusto che lui abbattesse troppi animali a discapito degli altri compagni di caccia. Allorché il mio vicino di posta si fece coraggio e avvicinandosi mi confidò di averne abbattuto solo uno e “forse” di averne ferito un’altro…. Poi, al colmo della sincerità e dello slancio di amicizia, mi propose di scambiarci di posta per poter dare anche a me una piccola chance. Di solito non le faccio queste cose, ma quel giorno accettai perché ero sicuro che sarebbe accaduto quel che poi accadde. Volevo avere la conferma che al cul… alla fortuna e alla jella non si comanda!
Mi piazzai esattamente dov’era lui, praticamente sopra ad un tappeto di bossoli calibro 30.06 e mi rimisi pazientemente in attesa. Devo ammettere che quella era davvero una bella posta, e questo mi fece ben sperare, anche se nell’aria aleggiava ancora il sentore acre e denso dei tanti colpi sparati. Quel che seguì fu pura arte venaticus-culinaria! Tonino fece un paio di telefonate al figlio e a qualche amico per raccontargli la sua incredibile avventura, si concesse pure un rumorosissimo panino con tanto di rutto finale e poi… perché la classe non è acqua, trovò anche il tempo per spedire altre cinque cannonate ad un sesto cinghiale!!! Che ci crediate o no, questa è la fedelissima cronaca di una, diciamo pur bellissima, battuta di caccia al cinghiale! Dove nonostante l’esperienza, la preparazione, la buona volontà e tutti gli accorgimenti pratico-scaramantici possibili, non solo non ero riuscito a tirare ad un cinghiale, ma neanche a vederlo! E lo volete sapere come andò a finire? Che quando raggiunsi il rialto alla capanna dei Caprai, fui “cicchettato” da tutti gli amici e conoscenti, perché credevano che l’addetto alla “mitragliatrice” fossi stato io!!!! Meno male che Tonino, con una flemma tipicamente inglese, venne in mio aiuto confermando la mia versione dei fatti e giustificandosi dicendo che tirare ai cinghiali nel bosco era tutt’altro che facile! Evidentemente i cinghiali tosco-maremmani dovevano essere un pochino più veloci e scaltri di quelli dell’Alta Tuscia dove di solito il mo simpatico vicino di posta era abituato a cacciare! Per la cronaca il tableau finale fu di ben 21 capi abbattuti, alcuni dei quali davvero molto belli. Alla casa di caccia la festa fu tanta e genuina e continuò fino a sera, tra brindisi, risate e sfottò. Quando furono spartiti i capi abbattuti tra tutti i partecipanti, mi sembrarono tutti soddisfatti. Cos’altro dire? Che mi sembra doveroso fare un calorosissimo ringraziamento a tutti i miei amici dei Caprai-Forane, con i quali è sempre un piacere trascorrere delle giornate insieme in Maremma tra cani, cinghiali e tanta, tanta passione.
Marco Benecchi