Nel nostro paese gli ungulati cacciabili sono sette: il capriolo, il cinghiale, il cervo, il camoscio, il daino, il muflone ed in pochissime zone dell’arco alpino si effettuano anche dei modesti prelievi sulla popolazione, in crescita, di stambecchi.
Delle suddette specie ce n’é una che, chissà perché, non ha mai avuto il giusto rispetto e il meritato interesse venatorio. Stiamo parlando del daino, il “Bambi” per eccellenza. Eppure è il cervide più conosciuto persino dalle signore e dai bambini perché lo si può ammirare, se non addirittura accarezzare, in moltissimi parchi sia pubblici sia privati allo stato semi domestico.
Tutto questo ha contribuito a trasformare un animale forte e fiero, con un nobile passato, in una selvaggina da molti ritenuta “minore”. Con quale coraggio!! Se il daino è astuto e scaltro lo sanno bene i nostri colleghi Selecontrollori dell’Appennino che spesso, all’assegnazione dei capi, rinunciano al daino per quanto sia difficile dargli la caccia e rispettare i piani di abbattimento senza incorrere in spiacevoli penalità. Prima di trattarlo da un punto di vista venatorio, vediamone insieme le caratteristiche sistematiche, i dati biometrici, le origini della specie e le abitudini.
Regno: animale Peso maschio Adulto: 70-120 kg
Tipo: cordati Peso femmina Adulta: 35-65 Kg
Sottotipo: vertebrati Lunghezza totale M A: 140-150 cm
Classe: mammiferi Lunghezza totale F A: 120-130 cm
Superordine: ungulati Altezza al garrese M A: 90-110 cm
Sottordine: Ruminanti Altezza al garrese F A 70-80 cm
Ordine: artiodattili Gestazione: 229-240 gg
Famiglia: cervidi Periodo degli amori: 5-20 ottobre (secondo zone)
Genere: Dama Periodo e n° piccoli per parto: Giugno 1 (2 nel 10 % dei casi)
Specie: Dama Il tasso di incremento annuo e del 30-40 %
Il Mantello può essere: pomellato, melanico, bianco (non legato all’albinismo), isabellino o menhil. La formula dentaria è composta da tre premolari e tre molari sulla semi arcata superiore e da tre incisivi, un canino, tre premolari e tre molari nella semi arcata inferiore, per un totale di trentadue denti. Il daino, come tutti gli ungulati, va in muta due volte l’anno, in aprile-maggio e in settembre-ottobre.
Ha due tipi di peli: giarra (primari) e borra (secondari o sottopelo). Il ciclo annuale dei palchi è il seguente: caduta in aprile (prima gli anziani) e pulitura in agosto –settembre (sempre prima gli adulti). Un forte maschio può vivere fino a 18 anni, ma la vita media si aggira intorno ai 10-15 ( le femmine sono più longeve). Il regresso inizia dopo il tredicesimo anno. A secondo delle classi di età, i daini si dividono in : piccoli, subadulti ed adulti. I maschi a loro volta si suddividono in: calvi, 1 anno; fusoni, 1-2 anni; balestroni, 3-4 anni e palanconi, oltre i 4-5 anni.
Il massimo sviluppo del trofeo si ha intorno agli 8-10 anni ed è caratterizzato dalle punte della corona riunite da una palmatura. Inoltre può raggiungere gli 80 cm di lunghezza e gli 8 kg di peso. Per quanto discordanti, i dati in nostro possesso più o meno riportano che le prime introduzioni documentate in Italia risalgono ai tempi degli antichi romani. Probabilmente però già nel V secolo a.C. greci, cartaginesi e fenici ne avevano iniziato la diffusione nell’area mediterranea avendoli importati dall’Asia minore. Oggi il daino è diffusissimo in tutto il mondo, Americhe ed Africa incluse e persino in Nuova Zelanda sono presenti in buon numero. In Italia, stando alle informazioni fornite dall’INFS e dal EPS (Ente Produttori Selvaggina), è presente in quasi tutte le regioni. Come il cinghiale è un selvatico che cammina sul “filo del rasoio”, sempre in bilico tra la carenza di presenza e l’essere considerato un nocivo.
Le sue abitudini alimentari da brucatore intermedio, lo portano a cibarsi di una grande varietà di erbe, piante erbacee e cortecce di alberi spesso protetti. Dove la densità di questo selvatico è molto alta, tutta la vegetazione porta i segni del suo passaggio fino a 140 cm di altezza. Il daino allo stato selvatico, nel suo Habitat naturale, se studiato attentamente è affascinante quanto tutti gli altri ungulati cacciabili in Italia. Per motivi di spazio ci limiteremo ad osservare le sue abitudini quel tanto necessario per conoscerle e quindi saperle sfruttare al meglio quando gli daremo la caccia. Il dama dama ha una struttura sociale che varia a secondo del territorio in cui si trova e in base alle stagioni. Di solito vive in gruppi più o meno numerosi. Il più comune è quello familiare, che comprende femmina, piccolo ed eventualmente il giovane dell’anno precedente.
Seguono i gruppi di femmine e piccoli, costituiti dall’unione di più gruppi familiari, i gruppi di maschi, spesso occasionali, formati da soggetti di tutte le classi di età ed infine il gruppo misto che può arrivare a comprendere anche più di cento individui. Anche la consistenza di questi gruppi varia a secondo dell’estensione della zona in cui vivono. Minore è il territorio più piccoli sono i branchi. Il daino è attivo durante tutta l’intera giornata, teme più il freddo che il caldo, non lo troviamo infatti oltre i mille metri di altitudine e gradisce le zone ricche di acqua. Gli è comunque sufficiente un’abbeverata al giorno. E’ un animale territoriale ma non abitudinario. Se soggetto a fastidi o a carenza di cibo, si sposta rapidamente in zone più ricche e tranquille. Razziatore per natura, buon nuotatore, è in grado di saltare reticolati, recinzioni ed anche di percorrere alcuni chilometri per nutrirsi nei campi coltivati o nei vivai di giovani piante.
Ho testimonianze dirette di piantagioni di angurie, di asparagi e di barbabietole completamente devastati dai branchi di daini usciti dai parchi dell’Amiata, della Feniglia, dell’Uccellina e dalle Tenute San Rossore e di Castelporziano. I daini sono particolarmente golosi anche delle foglie degli ulivi e dei vigneti. Come già detto, questi animali si muovono durante tutto il giorno, ma pochissimo o quasi niente con il sole alto. Preferiscono brucare all’alba ed al tramonto ma il grosso della loro attività è prettamente notturna. Questa abitudine, unita al terrore che hanno verso la luce abbagliante dei fari, è la causa di una forte mortalità lungo le linee ferroviarie ed anche di molti incidenti stradali. In parecchi Comuni adiacenti ai parchi naturali o alle zone protette, si è dovuto intervenire con il contenimento della specie proprio per limitare questo grave problema.
E finalmente parliamo di caccia, anzi, di Gestione, perché il capitale rappresentato dal daino deve essere ben amministrato per poterne godere a pieno i meritati interessi. Vediamo quali sono le tecniche migliori per cacciarlo in terreno libero o in zone cintate ma che siano almeno superiori ai quattrocento ettari. Se rispettare o meno la densità biotica del daino non spetta a noi deciderlo perché ci sono dei tecnici faunistici molto preparati, sta di fatto che, in base agli studi svolti dai ricercatori, dovrebbe variare da un minimo di 5 ad un massimo di 15 capi per 100 ettari di territorio, anche se ambienti particolarmente favorevoli sarebbero in grado di ospitarne anche 20-25 capi. Il prelievo venatorio dovrebbe essere così distribuito: 50% piccoli dell’anno, (sex ratio 1:1) 10 % fusoni, 4 % balestroni, 10 % palanconi 26 % femmine (ripartite tra adulte e sottili). Per eseguire o almeno tentare una corretta Gestione, dobbiamo avvalerci di quattro tecniche di caccia: l’aspetto, la cerca, la girata (spinta o guidata) e la battuta.
La Caccia all’aspetto si effettua, calendario venatorio permettendo, esclusivamente la sera tardi e al mattino molto presto (fatta eccezione in certi Parchi, dove le Guardie sparano di notte con la luna piena!!!). Per essere proficua è fondamentale scegliere accuratamente il punto dove praticarla. Sopra un’altana chiusa a ridosso dai venti e in prossimità delle aree di maggior transito degli animali sarebbe l’ideale. Il daino ha i sensi molto sviluppati, in particolare l’udito e la vista, non ha un olfatto sopraffino come il capriolo ed il cinghiale, ma abbastanza sensibile da percepire un pericolo quando la sua usta viene trasportata dal vento. Dobbiamo ricordare che se abbattiamo un capo in mezzo ad un branco numeroso, i daini che si allontaneranno illesi, quando ritorneranno in zona, lo faranno sempre con il muso rivolto verso l’altana e di conseguenza saranno vigilissimi.
Tutto sommato cacciare il daino all’aspetto non è difficile ed anche il tiro è poco impegnativo. L’altana o l’appostamento a terra si devono raggiunge con molto anticipo e specialmente la sera; devono essere abbandonati molto tardi, a notte fonda, per non disturbare quegli eventuali capi che, magari non visti, possono essere usciti al calare della notte. Questa tecnica di caccia è la migliore da tutti i punti di vista, in particolare per la selezione, perché consente di sparare ad un selvatico dopo averlo valutato attentamente. Purtroppo è alquanto limitativa per eseguire dei contenimenti “quantitativi”, piuttosto che “qualitativi”. E’ raro che durante una stagione venatoria, da un solo appostamento, si possano abbattere diversi animali. Sarebbe bene utilizzarne più di uno magari a rotazione.
La Caccia alla cerca è produttiva soltanto in ambiente aperto o nell’ alto fusto. Praticarla nel bosco è molto difficile e nella macchia mediterranea praticamente impossibile. Nelle pinete secolari è un ottima tecnica di caccia, perché data la scarsità di cibo che il territorio offre, i daini sono costretti ad attardarsi al mattino e ad anticipare l’uscita alla sera. E’ una caccia per esperti e per tiratori veloci e dal braccio “fermo”. Una volta individuato e valutato bene il capo d’abbattere, si ha pochissimo tempo a disposizione. Di grande aiuto può tornare il bipiede montato sulla carabina, che oltre ad offrirti un validissimo appoggio ti permette di essere in punteria in pochi secondi. La Caccia alla “guidata” si interpone tra l’aspetto e la battuta. Consiste nello spingere i selvatici verso dei cacciatori appostati senza cani ma con il solo ausilio dei battitori. E’ una tecnica molto specialistica e di difficile organizzazione.
Tutti i partecipanti devono conoscere alla perfezione il territorio; dai passi obbligati, ai calanchi, alle radure, ai guadi ecc. Di solito viene praticata da pochi cacciatori e da ancor meno battitori. Se le zone da setacciare sono particolarmente fitte e si ha difficoltà a smuovere gli animali, sono ammessi anche dei bassotti o dei terriers (un paio) opportunamente addestrati. Nel caso specifico del daino maschio, dove con buona approssimazione è possibile conoscerne l’età dalla grossezza del suo trofeo, la caccia con la tecnica della guidata (spinta o girata) può essere un’ottima alternativa all’aspetto per praticare la Selezione in zone dove la natura del territorio impedirebbe altre forme di caccia. Per ultima ho lasciato la Caccia in battuta, che in teoria, più o meno, ogni cacciatore dovrebbe sapere come si svolge. In Italia, in territorio libero, è giustamente proibita.
Si pratica nelle AFV private con selvatici immessi, dove il risultato è scontato già tre giorni prima del suono del corno!! Nel resto d’Europa, in paesi come la Danimarca, la Svezia, la Spagna e in quasi tutto l’Est, le cacce in battuta al daino ed agli altri ungulati, come alci, cinghiali, cervi e persino caprioli sono una tradizione forte e radicata nel tempo. Tali cacce si differenziano di poco da una comune battuta al cinghiale. Il “re” da parte sua riesce ancora discretamente bene a tenere testa ad una muta, ma tutti gli altri ungulati ne sono letteralmente terrorizzati. Ho visto dei daini che inseguiti dai cani non sapevano quale direzione prendere, e giravano senza meta finché non venivano raggiunti ed uccisi dagli ausiliari stessi. Per fortuna la caccia in battuta al daino è un avvenimento mondano che si pratica pochissime volte, mentre a volte può capitare che dei daini si trovino chiusi durante una battuta al cinghiale, ma questa è un’altra cosa.
Il successo di tutte le suddette Tecniche varia notevolmente con il variare del periodo in cui vengono esercitate. Il massimo sarebbe abbattere i maschi da 1° al 30 settembre e dal 1° novembre al 15 gennaio, in modo da non interferire con la stagione degli amori, le femmine e i giovani dal 1°ottobre al 15 gennaio. Il daino, come tutti gli esseri viventi (in particolare i maschi!) diventa una facile preda in due occasioni: quando ha fame o per amore. Se si ha la possibilità di attenderlo in prossimità di una coltivazione particolarmente appetitosa, l’unico problema è quello di avere pazienza, tanto state tranquilli che prima o poi verrà premiata. Cacciarlo durante l’estro, che dura più o meno tutto il mese di ottobre, diventa fin troppo facile. Al bramito, con un minimo di accortezza, riesci ad avvicinarti ad un diffidentissimo palancone fino a pochi metri di distanza. Vediamo insieme quale sono le armi ed i calibri migliori per la caccia a questo robusto selvatico.
Qualsiasi tecnica useremo, il tiro di solito non supererà mai i duecento metri di distanza, anzi spesso sarà più vicina ai cento. Tutte le armi rigate comunemente in commercio: le carabine ad otturatore, i monocanna rigati i basculanti misti, gli express e persino le carabine semiautomatiche, possono andare bene al nostro scopo. L’importante è che siano precise e perfettamente tarate. Nella caccia all’aspetto la carabina Bolt Action surclassa tutte le altre, sono ottimi anche i Kipplauf che purtroppo sono limitati dalla lentezza di riarmo. Combinati e drillings sono sufficientemente precisi, ma anche essi non permettono una veloce replica. La possibilità di poter disporre rapidamente di un secondo colpo deve essere intesa per rimediare ad un tiro fallito o per finire un animale che sia stato soltanto ferito.
Buoni sono gli express e le carabine semiautomatiche, quando ammesse, anche se da molti sono definite poco sportive. La scelta dell’ottica è di fondamentale importanza. Viste le abitudini del daino il cannocchiale dovrà essere molto luminoso, di medio ingrandimento (max 6x) e che abbia un reticolo ben marcato ( n° 4- 4A-8). Per la caccia alla cerca, se praticata con frequenza, è necessario che la nostra arma sia anche leggera e maneggevole, con canne di media lunghezza non superiore ai 61 cm (24”). In questo caso l’ottica dovrà essere compatta, leggera e robusta con ingrandimento 4 - 6 x o variabile1,5-6 x 42 e 3 – 9 x 42. Un obiettivo di diametro maggiore non serve ed inoltre è troppo ingombrante. Per la guidata e per la caccia in battuta è chiaro che se praticate saltuariamente, ogni cacciatore adopererà l’arma di cui dispone, ma non possiamo negare che gli express e le carabine semiautomatiche in questa specialità hanno sicuramente una marcia in più. Sono armi espressamente concepite per questo scopo, con dimensioni, pieghe e pesi studiati per il tiro ad animali in movimento. Anche in questo caso la scelta del mirino ottico è di estrema importanza.
La distanza di tiro solitamente non supera i cinquanta metri, più spesso addirittura i trenta. Tacca di mira e mirino potrebbero andar già bene, ma per l’accuratezza del tiro preferisco che la nostra arma sia dotata di un puntatore elettronico “Red point” o un’ottica variabile di bassissimo ingrandimento da 1,25 a 5 x, meglio se con reticolo illuminato. Ed eccoci arrivati al problema più spinoso e controverso: la scelta del calibro.
Pratico la caccia al daino da tanti anni, ne ho abbattuti diversi, ma soprattutto, in qualità di accompagnatore, ne ho visti abbattere molti altri. Ho avuto l’occasione di giudicare con occhio critico le reazioni del selvatico allo sparo in funzione al calibro usato. Detto ciò possiamo tranquillamente affermare che un buon calibro per la caccia al daino in termini metrici va dai 6 ai 7,62 millimetri, praticamente dal 243 Winchester al 30.06 Springfield, includendo tra i maggiori soltanto l’8 x 57 JS-JRS. Il daino è un forte incassatore, ma se ben colpito nel punto giusto e con la palla giusta percorre pochi metri. Sono partito dal “piccolo” 243 W perché ho visti troppi animali cadere sotto i suoi colpi. Non lo considero il calibro ideale per un grosso palancone ma se un selecontrollore possiede una carabina in questo calibro per la caccia al capriolo, occasionalmente può impiegarlo anche per il daino, a patto di utilizzare palle robuste da 100 grani.
Tutti i calibri 6,5, 270, 7mm e i .30 moderati, sono molto buoni, ma devono montare proiettili ad espansione controllata e di peso sostenuto. Ottime come sempre sono le: Nosler Partition, le Hintenberger ABC, le Barnes X-Bullet, le Norma TXP, PPC e Oryx, le Speer Grand Slam, le RWS TUG le Remington A-Frame e le Winchester Fail Safe. Cacciando il daino ho potuto constatare che, a discapito della cessione di energia, è meglio usare una palla che trapassi il selvatico provocando il “doppio foro” piuttosto che venga trattenuta nella carcassa. In questo modo la maggiore fuoriuscita di sangue sarà di estrema utilità nel caso sia necessario cercare di recuperare un animale ferito.
Per motivi di spazio credo che dovremo fermarci qui, anche se di cose da dire ce ne sarebbero ancora tante. Spero che questo piccolo studio possa essere di aiuto sia ai cacciatori esperti che ai principianti, per poi magari scambiarci le nostre esperienze. Del daino si è sempre parlato molto poco, come se non meritasse la giusta attenzione. Date retta a me, è un selvatico eccezionale e la sua caccia può dare grandi e inaspettate emozioni.
Marco Benecchi
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